Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 11 maggio 2024.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Ictus cerebrale: IC87201 attenua i danni cerebrali. Per effetto di danno eccitotossico dipendente dai recettori del glutammato NMDA, l’ictus ischemico distrugge in modo grave ed esteso i neuroni dell’ippocampo e causa disturbo mnemonico. Mohammadian e colleghi hanno sperimentato il composto IC87201, un PSD95/nNOS inibitore, ottenendo un miglioramento istologico del danno che segue l’ischemia cerebrale e un miglioramento della dismnesia causata dall’ictus. [Cfr. Neurochem Res. – AOP doi: 10.1007/s11064-024-04140-w, 2024].

 

Un circuito della vasopressina modula comportamenti sociali e ansiosi di più nei maschi. Una delle maggiori differenze tra maschi e femmine nel cervello dei vertebrati è costituita dal maggior numero di cellule a vasopressina nel nucleo del letto della stria terminale. Rigney e colleghi con l’inibizione optogenetica hanno dimostrato che questi neuroni sono necessari nel maschio del topo per controllare l’esplorazione sociale; l’eccitazione accresce il comportamento esplorativo solo lievemente nelle femmine. L’eccitazione delle loro proiezioni al setto laterale accresce ricerca sociale e comportamenti ansiosi solo nei maschi. [Cfr. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2319641121, 2024].

 

La scoperta di cellule “attacco o fuga” nella lampreda rivoluziona l’evoluzione. Gli Agnati, vertebrati acquatici privi di mascella e mandibola come la lampreda, sono da sempre stati considerati privi di cellule nervose in grado di innescare la risposta a corto circuito: fight or flight response o reazione di attacco o fuga. Su questa base, si è ritenuto fino a oggi che questo meccanismo cruciale per la sopravvivenza degli animali e bene studiato in mammiferi, rettili, pesci e uccelli, fosse apparso molto più tardivamente nella filogenesi. Un nuovo studio ha scoperto un sistema nervoso periferico delle lamprede molto più complesso e simile a quello umano, con un sistema nervoso autonomo che contiene anche neuroni simpatici per questa reazione. [Fonte: Claudia Lopez Lloreda – Science News, 7 maggio 2024].

 

Individuati i prodotti del muscolo striato stimolato che agiscono sul cervello. È noto che il muscolo scheletrico produce importanti molecole e vescicole chiamate esosomi, che agiscono sui neuroni del cervello, ma il modo in cui il segnale nervoso attraverso la giunzione neuromuscolare controlla la secrezione del muscolo non è noto. Kai-Yu Huang e colleghi hanno colmato questa lacuna. Le fibrocellule muscolari, stimolate dal rilascio di ACh, secernono alti livelli dell’ormone irisina e producono esosomi che contengono vari microRNA cargo. Questi fattori derivati dal muscolo promuovono la crescita di connessioni neuroniche, accrescono la trasmissione del segnale lungo gli assoni e migliorano la comunicazione tra cellule cerebrali. [Cfr. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2313590121, 2024].

 

Orango scoperto a medicarsi una ferita con un’erba antinfiammatoria e antidolorifica. Abbiamo riferito di scimpanzé che mettono insetti sulle proprie ferite, ma non era mai accaduto una cosa simile, ossia osservare un orango nel suo ambiente naturale trattare una propria ferita con un’erba medica. L’osservazione è di biologi del Max Plank Institute of Animal Behavior (Germania) e dell’Università Nazionale dell’Indonesia: hanno ripreso un maschio di orango di Sumatra che aveva riportato una ferita al volto, mentre mangiava e applicava ripetutamente sulla superficie lesa parti vegetali di una pianta medicinale (Fibraurea tinctoria) con proprietà antinfiammatorie e antidolorifiche, tradizionalmente usata come erba medica.

L’osservazione è stata condotta nella foresta pluviale di Suaq Balimbling (Indonesia) dove vivono circa 150 oranghi di Sumatra. L’intenzionalità e la specificità sono confermate da almeno due fattori: rarissimamente questi primati mangiano vegetali; l’orango ferito cospargeva con una specie di succo (la fibra della liana masticata e insalivata) e altre parti vegetali, solo ed esclusivamente la ferita, in un’operazione che ogni volta durava molto tempo. [Fonte: Max-Planck-Gesellschaft e ScienceDaily, maggio 2024].

 

Scoperto un modo impensabile di comunicare del cetaceo beluga. Il beluga, un grande cetaceo delfinoide (Delphinapterus leucas) impropriamente chiamato “balena bianca”, comune nei mari del nord e il cui capo è sormontato da un curioso e voluminoso organo adiposo detto “melon”, è stato studiato da Justin Richard e colleghi, registrando le immagini delle interazioni di quattro esemplari nel Mystic Aquarium del Connecticut. Per la prima volta è stato possibile documentare, con un vasto repertorio di curiose e piacevoli immagini definite dagli autori dello studio “visual encyclopedia”, delle espressioni dei cetacei create mediante cambiamenti del grosso e mobile melon: per l’azione dei muscoli sul tessuto connettivo, il beluga può spingere il melone in avanti fino a farlo sporgere come fosse la visiera di un cappello, può afflosciarlo e appiattirlo giù sul capo, può sollevarlo verticalmente come un cappello a cilindro arrotondato e, infine, può scuoterlo con una forza tale da farlo apparire di gelatina.

Justin Richard sottolinea quanto sia evidente in questi segnali il richiamo dell’attenzione e, parlando della scoperta ad Elizabeth Anne Brown di Science, paragona questi cambiamenti di forma al fare la ruota del pavone. Ma, come abbiamo visto, non si tratta di un unico e semplice segnale attrattivo. Alle cinque principali conformazioni conferite al melone, i ricercatori hanno dato il nome di flat, lift, press, push e shake, e hanno rilevato che durante l’interazione sociale i beluga mostrano una media di due conformazioni al minuto. Dalla pubblicazione preliminare del 2 marzo su Animal Cognition, agli autori dello studio è parso evidente che le cinque forme espressive costituiscono rappresentazioni comunicative, ma non si aveva alcun dato sperimentale per discriminare con certezza tra due possibilità: 1) si tratta di manifestazioni automatiche e involontarie dello stato emozionale interno dell’animale; 2) si tratta dell’equivalente di gesti intenzionali eseguiti a scopo comunicativo.

Richard sottolinea un dato che fa pendere nettamente la bilancia a favore della seconda possibilità: il 93% di esibizioni delle 5 conformazioni ha luogo quando i cetacei sono in vista l’uno dell’altro.

È stato avviato il tentativo di decodificare il significato delle rappresentazioni, ma si è solo all’inizio: le due configurazioni press e shake sono sicuramente associate al corteggiamento e al comportamento sessuale, mentre per flat e le altre i tentativi sono finora rimasti infruttuosi: le stesse cinque configurazioni potrebbero essere solo la punta emergente di un iceberg di combinazioni e gradazioni con valore significativo. Richard, Lilley e gli altri, dopo aver sottolineato che la vasta gamma di vocalizzazioni che vanno da fischi a click sono valse a questi cetacei il soprannome di “canarini del mare”, hanno annunciato che si propongono di verificare se esistono interazioni e combinazioni tra le emissioni sonore e la “mimica del melone”.

Noi abbiamo trovato la visione del video annesso allo studio molto stimolante: le differenti forme assunte dal melone sono molto evidenti e i beluga sembrano assumere espressioni sorridenti e divertite, a causa della particolare conformazione dell’apertura orale. Infine, Richard e colleghi hanno verificato i risultati ottenuti dall’osservazione dei quattro esemplari nel Mystic Aquarium su una popolazione di 51 beluga al Marine Land Canada in Niagara Falls, ottenendo piena conferma. [Fonte: Science – ScienceNews (Animal Cognition 01843-z, 2024), maggio 2024].

 

L’alligatore emblema della pet therapy antidepressiva fuggito o rapito in vacanza. Apparso su TikTok ha fatto il giro mediatico del mondo il video di un uomo in lacrime che chiedeva di restituirgli Wally, l’alligatore che lo aveva aiutato a superare un profondo stato depressivo. Joie Henney e il rettile da lui ottenuto dopo un salvataggio a 14 mesi di età, nel 2015 in Florida, e definito dal suo medico “alligatore di supporto emozionale” erano molto popolari negli USA per i video diffusi attraverso i social media. Henney era andato in vacanza in Georgia e, durante la notte, Wally è scomparso dal recinto posto all’esterno del suo appartamento. Ora, il Georgia Department of Natural Resources ha segnalato che un alligatore è stato trovato e “rilasciato in un luogo lontano”, ma che non si sa se fosse Wally. [Fonte: The Associated Press, May 2024].

 

Cosa vuol dire la mancanza di un pensiero che rappresenti la coscienza del valore vissuto di stare al mondo. È stata proposta l’idea di un confronto tra le filosofie dell’Età di Pericle e i sistemi di pensiero contemporanei. Sulle prime, al nostro Seminario sull’Arte del Vivere, è parsa una provocazione stridente con la realtà e, particolarmente al presidente, è sembrata una traccia non in linea con i risultati della riflessione maturata in tutti questi anni di elaborazione dialettica e meditata, fra l’altro seguendo un principio che ci è caro, ossia di cercare radici psico-antropologiche alle origini di tesi filosofiche e fenomeni sociali.

Ma poi, l’idea è stata più chiaramente formulata in questo modo: nella filosofia del tempo di Pericle troviamo una chiave per interpretare l’attuale orizzonte che segue la crisi dell’epoca post-moderna: mettere a fuoco proprio ciò che oggi ci manca di quelle dispute tra idealisti e materialisti, di quelle tesi proposte a fondamento della vita del singolo e della visione della realtà, ci può aiutare a comprendere il danno che il difetto di pensiero genera sull’estensione della coscienza individuale e collettiva. In poche parole, ci può fornire per contrasto una migliore comprensione coscienza del presente. Lo stesso presidente, dichiarando di sentirsi molto più a suo agio con questa formulazione della traccia tematica di riflessione, ha incoraggiato la presentazione dei materiali di riferimento e l’esposizione delle tesi dei soci.

Qui riassumiamo, in particolare, gli spunti tratti dalla relazione di Monica Lanfredini, con le considerazioni conclusive discusse e condivise dai soci.

 

L’Età di Pericle come epoca della coscienza risvegliata dal pensiero. Non è un caso che il periodo della storia greca cui ci riferiamo fu definito “tempo dell’esperimento democratico”, ossia periodo in cui vigeva un sistema di governo che, almeno nel nome, corrispondeva al nostro e favorì la pluralità delle scuole di pensiero e delle visioni del mondo. Ma Percy Bysshe Shelley scrisse: “Il periodo che intervenne tra la nascita di Pericle e la morte di Aristotele è senza dubbio – sia considerato per sé stesso sia con riferimento agli effetti che ha determinato nei susseguenti destini dell’uomo civile – il più memorabile nella storia del mondo”[1], mentre noi stentiamo a trovare elementi memorabili nel tempo presente. Accantonando il problema di quanto la differenza antipodica tra i “secoli d’oro” della cultura e un periodo di stasi involutiva come quello attuale sia reale e quanto sia dovuto alle pratiche distruttive e di occultamento del talento e del valore proprio delle nostre società, focalizzate in modo esclusivo sulle attività sostenute da grandi profitti economico-finanziari, seguiamo lo spunto secondo cui rilevare ciò che oggi manca rispetto al modello di quell’epoca trasmesso dagli storici ci consente di avere un’idea più chiara del presente.

Will Durant scrive: “L’Età di Pericle somiglia alla nostra per la varietà e il disordine del suo pensiero e per la sfida che essa lanciava a ogni tradizione e a ogni credenza”[2]. E qui cessa l’analogia, perché l’aspetto caratterizzante è costituito dall’insuperato numero di idee filosofiche, di interpreti di quelle idee, di occasioni pubbliche di esposizione, discussione, dibattito e insegnamento di dottrine, tesi e ipotesi che investivano ogni aspetto della vita, dalle esigenze dello spirito in rapporto al credere negli dei alle necessità del corpo, dal rispetto delle leggi al valore dello stato, dai rapporti tra classi sociali alla solidarietà col povero, con lo straniero, con lo schiavo, con i diseredati e coloro che erano fisicamente impossibilitati a procurarsi da vivere. In quest’epoca troviamo il nucleo di origine di tutte le principali correnti di pensiero che hanno animato, appassionato e agitato il mondo fino a oggi.

Ma l’aspetto fondamentale è che, se non tutti i giovani si facevano allievi di un filosofo per apprendere l’arte del vivere, tutti i cittadini erano interessati agli argomenti trattati dai filosofi e alle loro opinioni. Le idee della politica non erano che un pallido riflesso della filosofia, e chi aveva idee bene strutturate e capacità di comunicarle grazie al proprio talento oratorio o grazie all’opera di diffusione di allievi e membri della propria scuola, assumeva uno straordinario potere morale presso il popolo. Il rovescio della medaglia era la paura di questo potere da parte dei governanti, che non di rado istruivano processi sommari con accuse pretestuose, calunniose o montate ad arte, per poter condannare a morte i filosofi più scomodi, come nel caso emblematico di Socrate.

Alcune città greche, e Sparta più di ogni altra, vietarono le pubbliche dissertazioni di questioni filosofiche per evitare scontri verbali promotori di disordini sociali tra fazioni o, come dice Ateneo: “A causa della gelosia, della lotta e della discussione senza profitto cui esse davano origine” (Atenae XIII, 92)[3]. Ma non fu così ad Atene: “Ma nell’Atene di Pericle la «cara delizia» della filosofia soggiogò la fantasia delle classi colte; i ricchi aprirono le loro case alla maniera degli illuministi francesi; i filosofi furono trattati con ogni riguardo e le discussioni brillanti ricevettero lo stesso applauso che era suscitato da un colpo maestro ai Giochi Olimpici”[4].

Quando nel 432 si aggiunse una guerra di armi a quella di parole, ogni sobrietà di pensiero e cautela nel giudizio delle tesi degli avversari fu abbandonata e ad Atene si viveva come una febbre di sapere che rendeva tutti appassionati ricercatori del vero e del giusto, con opinioni diverse ma sulla base di alcuni saldi valori condivisi. Riprendiamo Durant: “La febbre ebbe una breve tregua dopo il martirio di Socrate, anche perché si diffuse ad altri paesi del mondo greco; anche Platone, che aveva conosciuto il momento culminante della crisi del pensiero greco si esaurì dopo sessant’anni del nuovo gioco e invidiò l’inviolabile ortodossia dell’Egitto e la calma stabilità del suo pensiero. Fino al Rinascimento nessuna età conobbe un simile entusiasmo intellettuale”[5].

Un nucleo di verità, sia pure un po’ manipolata, si può ricavare dai paralleli tipici dell’insegnamento attuale della storia della filosofia: Platone si contrappose a Parmenide così come Hegel si contrapporrà a Kant[6]; una schematizzazione didattica che aiuta a ricordare e suggerisce un filo interpretativo utile al primo approccio ma, al di là del fatto che la reale comprensione della dimensione del pensiero antico richiede uno sforzo cognitivo e un bagaglio culturale non comune, ciò che più ci colpisce e ci interessa è che le controversie tra filosofi diventavano, in quei giorni, materia di riflessione personale oltre che di dibattito pubblico: ad Atene la gente comune si poneva i quesiti dei filosofi e discuteva anche ai mercati della natura degli dei, dei rapporti tra ragione e morale o di quanto fosse giusto adottare un pensiero utilitaristico, in barba agli scrupoli e agli dei. Tutto ciò contribuiva a mantenere sveglie le coscienze.

Nell’Età di Pericle, come diceva Giovanni Reale, sono “messe a tema” questioni che, con l’ellenizzazione dell’Europa da parte dei Romani, rimangono aperte nella cultura del Vecchio Continente per un paio di millenni: il senso e il mistero del sapere, la distinzione tra noumeno e fenomeno, tra realtà visibile e realtà invisibile; questioni che rimangono in filigrana durante il Medioevo e all’inizio dell’età Moderna, per riemergere in Kant nella forma di una vera rivoluzione filosofica. Ma siamo già all’inizio dell’epoca in cui le questioni filosofiche diventano materia specialistica per una cerchia ristretta di persone colte. Nei giorni di Atene questi argomenti erano come i fatti di cronaca nei nostri giorni; per questo ci interessa il loro pensiero, ma soprattutto il loro pensare. Si pensava ai grandi problemi che fanno da sfondo o in cui sono immerse le operazioni cognitive di significazione e senso, così come ci si occupava dei problemi pratici che si imponevano all’attenzione nella vita quotidiana.

In Lucania, nella piccola città di Elea, nel 450 a.C. nacque quella filosofia idealistica che si diffonderà fra tutti i popoli d’Italia e d’Europa nei secoli seguenti e condurrà una battaglia plurisecolare contro il materialismo. Le nostre esigenze ci impongono di non attardarci sui pur affascinanti contenuti di questa filosofia e di limitarci a rilevare un tratto antropologico: molti degli interpreti dell’idealismo erano preoccupati della deriva che avrebbe potuto portare una fede assoluta e generalizza nel materialismo e, di fatto, hanno dato un contributo quali custodi dei grandi presidi di civiltà radicati nel costume e nelle leggi.

Per rimanere ai paralleli scolastici, si dice che, come Kant fu “ridestato” dalla lettura del pensiero di Hume, così Parmenide fu risvegliato dalla filosofia di Senofane. In realtà, sono le questioni poste in gioco da Senofane (570 a.C. – 475 a.C.), che aveva insegnato nella città di Elea e dimorato a Zancle (Messina) e poi a Catania, che si impongono come problemi non risolti a tutte le menti consapevoli e inclini a conoscere, in quel periodo che comincia con la filosofia di Parmenide e culmina nell’edificio di pensiero di Platone. Ma, cosa dice Senofane? Critica l’antropomorfismo religioso di Omero ed Esiodo e senza mezzi termini afferma che gli dei non esistono: sono miti creati dagli uomini o uomini mitizzati, perché Dio in realtà è uno, infinito e onnisciente. Anche se questa definizione è una sintesi di quanto afferma Diogene Laerzio su Senofane, trova conferma nelle parole che lui stesso scrive in alcuni preziosi documenti[7]. Non è difficile riconoscere un anticipo di quel conflitto di visione che molti secoli dopo emerge tra le credenze politeistiche dei Romani persecutori e il credo monoteistico dei cristiani perseguitati.

 

Il deficit di pensiero e coscienza nelle società contemporanee favorisce l’emergere di comportamenti non fondati filosoficamente, poco giustificati in termini razionali e spesso distruttivi. Non è raro sentire, quando si propone se non un ritorno al modello greco almeno una speciale attenzione, che si dica: “Non è più possibile dopo Wittgenstein ritornare a una ragione artigiana come quella dei dialoghi socratici di Platone”.

Essere passati attraverso Wittgenstein vuol dire essere avveduti delle trappole che la lingua parlata e il suo uso possono tendere a uno sviluppo logico e coerente del pensiero. Vuol dire aggiungere uno strumento alla concezione della realtà da parte del soggetto, non impiegare quel pensiero come evidenza di una complessità del reale che fornisce una scusa alla rinuncia a pensare, capire e agire in conseguenza delle proprie idee. Wittgenstein diceva che l’insieme dei fatti costituisce il mondo, non che il mondo è un fatto ineluttabile al quale bisogna indefinitamente adeguarsi. Il problema dell’aver sostituito la forma del politically correct alla sostanza di avere una propria etica è solo la conseguenza del generale aver rinunciato alla coscienza e alla riflessione sul senso di sé e della vita, così come al diritto e al piacere di scegliere la priorità dei valori cui ispirare le azioni quotidiane, per seguire passivamente le mode, le tendenze, i contagi collettivi che, di fatto, sono legati sempre a interessi materiali, quali motori all’origine o quale prodotto-effetto della diffusione massificata e globalizzata.

L’abbaglio circa il valore delle nuove filosofie nate sul finire del Novecento[8] e ancora considerate fenomeni del pensiero contemporaneo da non includere nei programmi scolastici, è costituito dall’effetto di novità, che ha in sé il valore e la potenza di uno stimolo, di una scintilla luminosa e, per qualcuno, abbagliante al punto da non far vedere che non si tratta di filosofie intese come sistemi di pensiero, ma solo di teorie del rapporto tra cognizione e realtà. D’altra parte, non pochi sviluppi ideologici del pensiero post-moderno si erano arenati nell’impasse di contemplare sé stessi nell’opera distruttiva di quanto rimaneva del già diroccato edificio della ragione hegeliana, oppure erano approdati a un nihilismo distruttivo di senso e valori; dunque, non rimaneva che farsi bastare ciò che era servito dal “prodotto mediatico-comunicativo” quale “prodotto delle aziende del sapere”. Ciò che, nel presente, sembra non essersi esaurito di questo stato di fatto, è la vis destruens centrata sul paradosso di distruggere il mondo, inteso come cose prodotte dall’uomo, per eliminare un modo sgradito in cui il mondo si conduce: no global e black bloc.

Anche un bambino capisce che l’iniquità sociale non è nella diffusione globale del sistema politico economico imperante e peraltro già diffuso, ma nel potere economico che calpesta ogni valore ideale, a partire dal rispetto dell’altro e dalla solidarietà fino all’abolizione della superiorità simbolica del trascendente filosofico, religioso e artistico sulla materialità monetizzabile. L’azione dei no global mediante la tecnica dei black bloc si è di fatto esaurita nel loro reale obiettivo: la rappresentazione mediatica delle proprie gesta. Un’inchiesta giornalistica europea ha mostrato, qualche anno fa, dei no global fare il bagno in piscine di alberghi di lusso prima di indossare le tute nere e prendere le spranghe per andare a distruggere vetrine, portoni, finestre e allestimenti di negozi. L’inchiesta mostrava tutti i segni distintivi di coloro che si sentono padroni per potere economico e sono di fatto schiavi felici di un sistema consumistico che dicono di voler combattere.

C’è da chiedersi se questo residuo nel Terzo Millennio della distruttività terroristica ideologica di fine Novecento possa considerarsi un ulteriore esempio di forma dell’agire slegata dalla sostanza del senso e indifferente alla mancanza di fondamento razionale. [Fonte: Seminario Permanente sull’Arte del Vivere BM&L-Italia, maggio 2024].

 

Notule

BM&L-11 maggio 2024

www.brainmindlife.org

 

 

 

________________________________________________________________________________

 

La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 

 



[1] Percy Bysshe Shelley, On the Manners of the Ancients cit. in Livingstone, Legacy 25.1, (IV Edition) S. W. Partridge & Company, London 1928.

[2] Will & Ariel Durant, Storia della Civiltà – Will Durant, La Grecia (3 voll.), vol. II, p. 120, Edito-Service, Ginevra e Mondadori, Milano 1968.

[3] Cit. in Will Durant, La Grecia (3 voll.), vol. II, op. cit., idem.

[4] Cfr. Platone, Protagora, pp. 334 e 339, cit. in Will Durant, op. cit.

[5] Will Durant, La Grecia (3 voll.), vol. II, op. cit., idem.

[6] Un altro abusato paragone è quello tra la diade antica Aristotele-Platone e quella moderna Kant-Hegel, con riferimento alla somiglianza nelle differenze teoretiche esistenti tra i due antichi e i due moderni.

[7] Si vedano, in particolare, i brani riportati in Diels-Kranz (a cura di Gabriele Giannantoni), Presocratici, I, p. 171 e seguenti, Laterza, Bari 2009.

[8] Si fa riferimento al funzionalismo di Jerry Fodor e Hilary Putnam, al fisicalismo dei tipi, al fisicalismo delle occorrenze, alla teoria dell’identità dello stato centrale, ecc.